Il metodo biofasciale è un programma di esercizi da me ideato che insegna a usare la mente per riequilibrare, percepire e muovere il corpo, si ispira allo stretching e ai movimenti condivisi dall’uomo con alcuni animali vertebrati, e al modo istintivo con cui il bambino apprende la locomozione e la postura eretta.
Alla base del metodo vi è l’idea che la grande famiglia degli animali vertebrati ha in comune alcuni aspetti dello scheletro e dello schema di locomozione, e che i movimenti dell’uomo presentino delle caratteristiche di continuità con quelli degli animali che lo hanno preceduto nel corso dell’evoluzione.

Io sono convinto del fatto che tali analogie possano essere sfruttate per correggere il movimento e la postura dell’uomo deviati dallo stile di vita errato, migliorando inoltre il senso di rilassamento e di benessere fisico e mentale generale.
La continuità tra i movimenti degli animali vertebrati e quelli dell’uomo, si evince in modo particolare se ci si sofferma ad osservare l’evoluzione della tecnica di locomozione del bambino dai primi mesi ad un anno circa di vita.

Osservando i suoi movimenti, possiamo notare che egli riproduce, in un periodo così breve, le stesse tappe evolutive che in milioni di anni hanno condotto la specie umana al movimento e alla postura bipede partendo da una posizione quadrupedica.
Il bambino molto piccolo, nella prima fase di quest’apprendimento istintivo inizia a praticare il rotolamento, lo strisciamento del rettile e poi il gattonamento, egli sintetizza così in pochi mesi la stessa evoluzione della locomozione per realizzare la quale la grande famiglia dei vertebrati ha invece impiegato milioni di anni.

Anzi, alcuni dei primi gesti eseguiti in modo istintivo dal bambino molto piccolo, fanno pensare all’esistenza di fasi di sviluppo motorio che sono addirittura precedenti a quella rettile e quadrupedica, e che vanno quindi a coincidere con attitudini ancora più primitive.
Del resto, originandosi e sviluppandosi in un ambiente totalmente liquido, non è del tutto irrazionale pensare che alcuni dei movimenti del feto quivi realizzati possano presentare delle lontane affinità con quelli caratteristici dei pesci e degli anfibi.

Infatti, in alcuni stadi del suo sviluppo l’embrione umano presenta temporaneamente caratteristiche fisiche che sono simili a quelle dei pesci, degli anfibi, oltre che dei rettili e di altri mammiferi, e non è escluso che anche alcuni dei primi movimenti del neonato possano derivare da gesti atavici che si rifanno a stadi di sviluppo che sono antecedenti a quello umano.
D’altronde, la capacità del neonato di mantenersi a galla se immerso in acqua, evidenzia un’affinità con tale elemento che può solo derivare dal possesso di “informazioni” interne ereditate alle quali egli attinge inconsapevolmente.

Nei primi mesi di vita extrauterina la motricità del bambino è caratterizzata da movimenti apparentemente caotici eseguiti con gambe e braccia, gli studiosi attribuiscono la qualità di tali movimenti a una coordinazione ancora inefficace tra il cervello e il corpo.
È necessario però notare anche che, in questa fase, gli arti del bambino sono piegati e posti ai lati del corpo come quelli della rana, e i movimenti apparentemente caotici e privi di finalità che egli esegue rapidamente ricordano a tratti il nuotare di questo animale. Tali movimenti potrebbero rappresentare ciò che resta, a livello inconscio, di una primordiale motricità proveniente da pesci e anfibi, che magari emerge in questa fase di sviluppo per stimolare il bambino all’apprendimento di una prima rudimentale forma di locomozione.

In seguito il cucciolo d’uomo evolve i propri schemi di movimento e comincia a estendere il dorso verso l’alto aiutandosi con la spinta delle braccia contro il suolo, e a muoversi strisciando con il ventre per terra realizzando così la tipica deambulazione dei rettili.
In questa fase è possibile notare il modo in cui il bambino coordina il movimento in “diagonale” dei quattro arti ancora posizionati ai lati del corpo, e come tale coordinazione lo induca a realizzare le tipiche oscillazioni laterali ad S dei pesci, degli anfibi caudati e dei rettili.

Sollevandosi poi dalla posizione prona a quella quadrupedica, il bambino realizza una diversa disposizione degli arti che imita l’evoluzione da rettile a mammifero, spostando gambe e braccia da una posizione laterale a una perpendicolare rispetto al corpo.

In questa nuova posizione il movimento degli arti del bambino è alternato come avviene per i rettili e per i quadrupedi, inoltre con il tronco egli non realizza più solo movimenti a S, ma anche le oscillazioni antero-posteriori tipiche dei mammiferi.
Infine, la conquista della posizione eretta arricchisce ulteriormente le potenzialità motorie e l’intelligenza del bambino segnando il passaggio evolutivo da quadrupede a bipede, in questa fase egli impara a camminare, correre, saltare, tuffarsi a terra, arrampicarsi, lanciare oggetti, lottare per gioco.

Questo processo di apprendimento istintivo ricalca l’evoluzione del movimento della classe dei vertebrati, e rappresenta a propria volta il modello di organizzazione che ho pensato di seguire nel mio programma di esercizi.
L’imitazione del modo in cui il bambino evolve istintivamente la propria motricità, consente anche all’adulto di ripercorrere in sequenza e consapevolmente gli schemi primordiali di locomozione che conducono al movimento e alla postura bipede.

Quando un allievo riproduce gli schemi primordiali dei vertebrati, in un certo senso torna a fare le stesse esperienze motorie fatte da bambino durante i primi mesi di vita, e ciò rappresenta una salutare “correzione di rotta” che riconduce la locomozione e la postura, “deviate” dallo stile di vita errato, verso una direzione più naturale.

Il principio è che non è possibile sbagliare se ci si affida alle leggi elaborate dalla natura, e gli schemi istintivi del bambino rappresentano quanto di più naturale possa esserci in tema di apprendimento motorio.
La pratica di questi movimenti stimola il sistema sensoriale connettendo meglio il cervello con  le fasce, i muscoli e le articolazioni, favorendo nell’adulto il risveglio di una sorta di memoria motoria profonda, e quindi la realizzazione di schemi globali di locomozione e postura più naturali e corretti.

Giuseppe Santoro